Incontrare la protagonista della nostra nuova cartolina settimanale è stata un’esperienza culturale unica nel suo genere. Medico internista, ballerina e musicista, Annamaria Pugliese ha declinato i suoi molteplici talenti in disparate forme, sempre con lo sguardo rivolto verso la sua terra d’origine (ndr la Calabria). Oggi ha aperto un’associazione culturale – Le Tarme– a Brattirò, il suo paese di nascita, dove si è trasferita a vivere e lavorare con Anthony Greco, il suo compagno che con lei realizza gli spettacoli che porta in giro in tutto il territorio locale.
Annamaria, dove nasce la tua arte?
Dal mio nonno -appassionato di scultura- che mi ha lasciato la sua casa con 75 statue in pietra. Questo luogo è divenuto la sede della mia associazione ed il posto dove tento metto in piedi le idee per gli spettacoli e le mie attività culturali. L’intenzione è quello di rendere questa posto un laboratorio “aperto” che valorizzi, in tutte le sue forme, la cultura del sud mediante la riscoperta dei lavori antichi ed un museo. Al contempo vorremmo aggiungere anche una piccola biblioteca.
Tu sei un medico, ma hai deciso di affiancare al tuo lavoro anche quello di artista. C’è stato un momento chiave che ha determinato questa scelta?
Ho cominciato la facoltà di medicina affiancandola, fin da subito, con lo studio dell’arte teatrale. Non ho mai abbandonato né uno, né l’altra. Per me sono una necessità entrambe, una sorta di “bisogno” di cui non riesco a fare a meno. Dopo la laurea, infatti, ho deciso di iscrivere all’Accademia del Teatro a Roma.
Nei tuoi spettacoli, c’è sempre una forte valorizzazione della tua terra natia.
Si, per onorare la Calabria ho deciso di utilizzare nei miei spettacolo gli strumenti tipici del territorio. Questo linguaggio permette alle persone riscoprire delle tradizioni antiche. Gli strumenti e il ballo declinati in queste modalità creano un forte senso di condivisione tra le persone. Una volta si andava nei luoghi e si iniziava a suonare e ballare: abbiamo deciso di riprodurre quell’antica consuetudine per onorare una tradizione che, diversamente, sarebbe andata persa.
Cosa ti affascina di più della musica e del ballo?
Il senso di “trance” che le tarantelle mi permette di vivere. Inoltre, vedere le persone ballare in una sorta di danza “comune”, consolida questo sentimento. La musica ed il ballo popolare permettono di evocare delle storie antiche. Molti canti venivano utilizzati dai pescatori come litania per issare le corde. Sull’altro fronte cerchiamo di valorizzare anche la tradizione dei cantastorie che, un tempo, permettevano di tramandare le storie veicolandole, spesso, attraverso la musica. Per tale ragione io ed il mio compagno abbiamo organizzato uno spettacolo dedicato proprio a questi personaggi.
Dalle tue parole emerge come tua creazione artistica sia frutto di un lavoro “artigianale” che coinvolge la mente e del corpo. Quanto è importante per te la cultura del fatto a mano?
L’arte è una forma di artigianato. Io ed il mio compagno, da quando ci siamo trasferiti a vivere in Calabria, ci dedichiamo attivamente alla riscoperta delle antiche tecniche. Per noi, è un grande valore. Per questo abbiamo anche creato una serie di strumenti tipici tradizionali da oggetti comuni (uno zilofono con delle piastrelle, un annaffiatoio divenuto sax). L’intento futuro è quello di portare in giro anche un’orchestra formata da questi strumenti. L’essenza della nostra arte è artigianale: dall’associazione all’ideazione di uno spettacolo, passa tutto dalla cultura del “fatto a mano”.