La liuteria non è soltanto Antonio Stradivari. Torino e la Regione Piemonte vantano infatti una secolare tradizione collegata alla costruzione degli strumenti musicali, legata a doppio filo con la vita di celebri autori, le cui opere (violini, viole, violoncelli) sono oggi ricercatissime in Italia e all’estero. Ne è tutt’ora prova l’Accademia Liuteria Piemontese San Filippo dove si impara da Maestri insigni la costruzione dei violini.
Accademia dove si è svolta la prima presentazione di un originale romanzo dedicato al più celebre Maestro dell’ottocento, Giuseppe Rocca. Fresco di stampa, “Morte di un liutaio. Le vicende di Giuseppe Rocca” (2022, per le Edizioni Bookabook) rappresenta un giallo storico che racconta l’esistenza intricata e la morte oscura di questo autore. Adottando lo stile narrativo tipico del genere, il libro intreccia la “storia piccola” di Giuseppe Rocca e dei personaggi che lo circondano, agli eventi culturali e sociopolitici della “storia grande” a cavallo dell’Unità d’Italia. La sua storia inizia a seguito di un tragico evento che lo porta ad abbandonare tutto e a spostarsi da Alba a Torino. Qui, aiutato dal grande liutaio Giovanni Pressenda, scopre il proprio talento nell’arte della liuteria e apre una bottega. Eppure, il talento non basta per emergere in un’Italia dilaniata dal colera e dalle proteste del popolo. Sottovalutato, Giuseppe farà una serie di scelte sbagliate che lo condurranno a un epilogo tanto misterioso quanto avvincente.
“Morte di un liutaio” è il romanzo d’esordio di Flavia Vighini, cremonese, città della musica e capitale mondiale del violino. La vicinanza al mondo dei liutai le permette di conoscere tecnicismi e curiosità di un settore che trova amatori in tutto il mondo e di scoprire la storia di Giuseppe Rocca. Da qui la decisione di scrivere un romanzo. “Questo libro nasce dal desiderio di mettermi alla prova nel genere letterario del romanzo storico, il cui studio mi ha molto affascinata durante il mio percorso universitario” racconta l’autrice. “Giuseppe Rocca mi è sembrato perfetto: eccezionale e allo stesso tempo fragile e inquieto. La sua vita familiare fu così ricca di avvenimenti che ho dovuto operare delle scelte, per semplificare l’intreccio. La sua morte, poi, così oscura e mai del tutto chiarita, si prestava perfettamente ai miei scopi. Il periodo storico in cui visse, infine, resta uno dei più affascinanti d’Italia”.
Nel romanzo, completato durante la pandemia da Covid-19, vi è una descrizione dettagliata dell’esperienza dell’epidemia e delle credenze e reazioni che scatenò la diffusione del colera. Seppur ambientato nell’Ottocento, infatti, “la storia si ripete uguale a sé stessa. Mi sono recata a Torino e, come un’investigatrice, sono andata a cercare i luoghi in cui i miei personaggi avevano mosso i loro passi: il Teatro d’Angennes, il caffè Fiorio, l’Antica Osteria della Dogana Nova (ora Albergo della Dogana Vecchia), a caccia di particolari e informazioni. Mi sono divertita moltissimo a far vivere ai miei personaggi gli avvenimenti storici di quei tempi.”, confessa l’autrice.